Vittorino Andreoli. L' uomo col cervello in tasca

luglio 2021

Fonte: RaiCultura"

Come la rivoluzione digitale sta cambiando i nostri comportamenti

Vittorino Andreoli, parla del suo saggio L' uomo col cervello in tasca. Come la rivoluzione digitale sta cambiando i nostri comportamenti, pubblicato nel 2019 da Solferino. 
Andreoli afferma che esistono oggi due cervelli, uno di carne e uno di litio e il secondo, che è un terminale di un computer digitale al quale deleghiamo alcune funzioni, lo teniamo in genere in tasca. 
Il cervello umano è formato da circa novanta miliardi di cellule, i neuroni, che sono interconnessi e formano una rete. Il termine rete non nasce dalla tecnologia ma dalla biologia, quando agli inizi del Novecento il fisiologo italiano Camillo Golgi e il medico spagnolo Ramon y Cajal scoprirono, vincendo nel 1906 il Premio Nobel per tale scoperta, che i neuroni costituiscono una rete, nella quale corrono le informazioni. Il cervello umano genera funzioni il cui insieme si chiama mente. Oggi dividiamo la mente in due parti, una che è deputata prevalentemente al pensiero e l’altra che si occupa degli affetti, che sono le emozioni e i sentimenti.

 Il cervello ha la possibilità della fantasia, ossia di immaginare cose che non ci sono ed è anche capace di intuire, di percepire qualcosa che poi cerca di rappresentare, quindi possiede la creatività, può inventare cose che non esistevano prima. 

Lo smartphone allora non va certo demonizzato, svolge delle funzioni importanti in un tempo più rapido, ma è vero che quanto più le operazioni mentali vengono delegate tantomeno sopravvive la capacità del cervello umano di eseguirle. 
Una delega della memoria semantica porterebbe ad un disastro perché il nostro cervello può perdere le proprie funzioni fino alla perdita della stessa capacità di pensare. 
Pertanto, qualche dubbio sull’eccesso di delega non possiamo non porcelo. 
Lo strumento dei social tende a sostituire le relazioni umane, spostando la nostra vita sociale da un contesto umano, per esempio, la famiglia ad uno virtuale come la famiglia virtuale. 

Se una modalità di relazione familiare viene bloccata e non si sentono più le relazioni umane, si è spostata una condizione esistenziale fondamentale della società, che è quella dell’interrelazione, aprendo la strada ad una specie di solipsismo: uomini separati tra loro, riuniti in piazze solo virtuali, con una perdita di umanità. 

Ma perché preferiamo i social agli aspetti sociali reali? Perché nel digitale possiamo far sparire tutto ciò che non ci piace, mentre nella realtà dobbiamo affrontare e risolvere gli inevitabili conflitti. 

Ci sono, infine, cose che lo smartphone non può fare, un cervello digitale non è capace di emozioni e sentimenti. I sentimenti sono legami che continuano anche in assenza della persona alla quale siamo legati, che permettono di avvertire la presenza dell’assente. 
 

Anche se non è possibile rinunciare agli strumenti digitali, il cui uso va però certamente limitato, il cervello umano non è mai da sostituire: dobbiamo cercare una collaborazione tra il nostro cervello e la tecnologia.