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Vittorino Andreoli: «La vecchiaia è l’età dell’oro»

Andreoli: la scienza dimostra che i neuroni si rigenerano anche a 80 anni

Fonte: Corriere di Verona

19 Jan 2020 | Visentin

Invecchiare? Ma che bellezza. Il corpo si fa più «creativo», i legami diventano essenziali, senza finzioni, il piacere e la sessualità riscoprono la tenerezza. Lo sostiene Vittorini Andreoli, psichiatra veronese di fama mondiale, nel nuovo saggio Una certa età. Per una nuova idea della vecchiaia (Solferino editore, 208 pagine, 17 euro).

Terza età non come «malattia» o «spauracchio», ma capitolo originale dell’esistenza e «Paradiso dei sentimenti». Professor Andreoli, è davvero così bello invecchiare?

«La vecchiaia di oggi è una novità assoluta. Una grande scoperta, anche per me. Anni fa, nel periodo della Seconda guerra mondiale, si era considerati vecchi a 46 anni spiega lo psichiatra veronese, che fa parte anche della New York Academy of Sciences - . Oggi l’età della vecchiaia è salita a 81 per i maschi e 85 per le femmine. Ma nella contemporaneità, con la vita media che si è allungata, la salute e il benessere perseguibili sempre, si è attivi e pieni di risorse anche a 80 anni».

Nel libro, spiega anche la nuova sessualità che si scopre nella vecchiaia

«Se una volta i vecchi erano considerati sessualmente finiti, oggi l’eros continua e spesso anche migliora. Ci si innamora fino a cento anni, la cura del corpo ci rende energici, la sensualità diventa più di relazione che di organi, il piacere si lega alla tenerezza, le nuove liturgie dell’eros non fanno rimpiangere il passato e la gioventù». Dunque la vecchiaia è un’età felice?

«I vecchi vivono il tempo presente, non pensano al futuro, ai problemi, alla carriera e alla morte. Relativizzano tutto. Anche i conflitti. Lavorando come psichiatra con i malati terminali, mi ha colpito che anche loro non pensano affatto alla morte, ma a dare un senso alla loro quotidianità».

Personalmente, cosa l’ha sorpresa nella sua vecchiaia?

«Mi ha sorpreso la grande voglia di vivere e di essere utile, di fare felici gli altri, di aiutare. Non ho più nulla da dimostrare, posso concentrarmi con gioia nel fare del bene. In generale, da vecchi si è meno legati a egoismo e interessi personali, perciò più capaci di aiutare il prossimo».

La scienza conferma il benessere e la produttività dei «nuovi» anziani?

«C’è una grande scoperta scientifica recente: pensavamo fino a qualche anno fa che le cellule del cervello degenerassero e morissero negli anziani. Invece è stato dimostrato che anche nei vecchi i neuroni si rigenerano. Ricordiamo che proprio Rita Levi Montalcini ha vinto il Nobel proprio per la scoperta sulla moltiplicazione dei neuroni. I neuroni di un vecchio sono gli stessi di quelli di un giovane. I ragionamenti che posso fare io a 80 anni sono uguali a quelli di un 40enne. Quindi, per la scienza non è vero che il cervello di un vecchio sia meno funzionale di quello di un giovane. Su basi scientifiche, dico che un cervello anziano, se non è ammalato, ha le stesse caratteristiche di quello di un giovane». Si sente un difensore della vecchiaia?

«Non difendo la vecchiaia in quanto sono vecchio, ma perché ci sono precisi elementi scientifici per farlo. È solo recuperando il ruolo cruciale dell’ultima età che possiamo iniziare a riparare la società in cui viviamo, riscoprendo una nuova dimensione del benessere».

Il suo saggio è dedicato «a tutti i giovani perché scoprano quanto è bello diventare vecchi».

«La vecchiaia non è la fine, ma un nuovo capitolo dell’esistenza, che riserva molti aspetti positivi. Basta pensare a quante sono le storie d’amore che nascono da vecchi, o la grande voglia di raccontarsi e di relazionarsi. E le palestre oggi sono piene di over 65: questo significa la grande voglia di vivere. Insomma, smentisco completamente l’antica sentenza di Seneca, secondo cui Senectus ipsa est morbus: la vecchiaia è di per sè malattia. Al contrario, è un capitolo originale dell’esistenza, non certo un’età malata».

Cambiamenti

Ci si innamora fino a 100 anni, le nuove liturgie dell’eros non fanno rimpiangere il passato