Skip to main content

Vittorino Andreoli: la follia è creativa

Fonte: amadeusmagazine.it

21 febbraio 2020 | Alessandro Cannavo

Mozart contro la depressione, Beethoven per riflettere su Dio. E gli artisti “matti”: Schumann, Skrjabin. Playlist di Vittorino Andreoli, “infelice gioioso”

Ogni tanto ai suoi pazienti che soffrono di depressione consiglia: «Ascoltate la Messa in do minore di Mozart, ne avrete dei benefici». Lo psichiatra Vittorino Andreoli confessa subito l’interesse e l’entusiasmo per la musica del sommo Amadeus. «Ma soprattutto per quella sacra», precisa. «Rivela un carattere meno conosciuto e per me piuttosto sorprendente di un musicista che di solito si associa alle gioie molto terrene. E la Missa Solemnis mi colpisce in modo particolare per la sua profondità».

Vittorino Andreoli ama inoltrarsi nei meandri del sacro

«Come diceva l’antropologo Rudolf Otto nella sua opera chiave sull’argomento, il sacro è una categoria della mente umana, un’esigenza dell’uomo che prescinde dalla religione e si lega alla percezione del mistero. Questa Missa di Mozart per me ha un potere speciale: se non avessi paura di diventare banale, direi un potere terapeutico. Di sicuro regala un’energia supplementare. Per molti pazienti e’ diventata un vero amore e alcuni di loro rilanciano: e allora professore, lei ora ascolti il Salve regina…».

Sul sacro certo non si può prescindere da Beethoven. «Nell’Inno alla gioia scritto da Schiller», spiega Andreoli, «c’è una frase: “guarda nel cielo perché da qualche parte deve esserci Dio”, che rispecchia il mio stato d’animo attuale rispetto a una giovinezza vissuta, da buon veneto, con una forte influenza della chiesa».

Se si parla di musica con Vittorino Andreoli, bisogna approdare ai suoi “amati matti”

«E con l’occhio dello psichiatra sono affascinato dalla vita di Schumann. Penso alle sue manifestazioni di follia che lo portarono, dopo il mancato suicidio, a passare i suoi ultimi tre anni in manicomio. Ebbene appena prima di questo tragico epilogo, Schumann ha scritto delle cose straordinarie. A dimostrazione che un artista matto non è vero che crei nelle fasi di latenza della sua patologia, ma esattamente il contrario. Credo che la follia sia una condizione esistenziale utile per la creatività come dimostra in pittura Van Gogh».

Andreoli immagina Schumann che compone per pianoforte mentre perde la facoltà della mano sinistra ed è consapevole che sarà la moglie Clara a eseguire le sue opere. Su Clara, lo psichiatra ha un giudizio molto severo. «Ha anteposto la sua carriera di pianista all’assistenza al marito. Andò a trovarlo in sanatorio solo una volta. Il giorno prima della morte».

La nuova passione di Andreoli è Skrjabin.

«L’ho scoperto in Scozia». Cosa c’entra la Scozia? «Vede, da tempo io e mia moglie passiamo le nostre vacanze in quel Paese; affittiamo una casetta di pescatori in un villaggio lontano da tutto. In questo esilio volontario, ogni anno dedichiamo le sere all’ascolto di un periodo specifico della storia della musica. Ecco che, avendo optato a un certo punto per la musica sovietica, abbiamo scoperto Skrjabin. Un autore straordinario, fantasioso, matto.

Come non rimanere affascinati da un compositore che aveva concepito un’opera da eseguire ai piedi dell’Himalaya, una sorta di opera della risurrezione? Un visionario, forse un allucinato. Ma finita l’epoca della sinfonia rappresentata da Čajkovskij, l’esplorazione di Skrjabin è la più originale. Mi ha stregato, mi lascia lo stupore. Da quasi 60 anni nel mio lavoro mi batto perché si guardi alla follia non solo in termini negativi ma anche in termini creativi».

Si definisce un “infelice gioioso”, Vittorino Andreoli

Il concetto di felicità non gli piace «perché è individuale. Meglio parlare di gioia». E la musica è collegata alla gioia? «Certo, a prescindere dai sentimenti che vuole comunicare. Come anche in altre discipline, un artista crea per richiamare attorno a sé delle persone. Dunque anche la musica non è un’azione individuale ma sociale. Un’azione del noi».