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Le frasi più belle di Vittorino Andreoli

Fonte: aforisticamente.com

15 giugno 2019 | Fabrizio Caramagna

Il dolore fa più rumore di qualsiasi rumore.
(L’uomo di vetro)

La depressione è un male di vivere talmente penetrante che il pensiero della morte diventa un balsamo, una consolazione.
(I segreti della mente)

Senza un’idea del futuro anche la nostra esistenza perde di significato, frantumata in un mosaico di piccole follie.

Siamo la società dell’homo stupidus. Oggi solo gli imbecilli possono essere felici.
(Homo stupidus stupidus)

La donna si è evoluta. Il dramma è che gli uomini sono rimasti omuncoli.
(intervista a HuffPost, 2018)

Siamo in una cornice di civiltà disastrosa. La superficialità porta l’identità a fondarsi sul nemico. Se uno non ha un nemico non riesce a caratterizzare se stesso.
(intervista a HuffPost, 2018)

L’intelligenza non serve a vivere, anzi è una «dote» che complica tremendamente l’esistenza perché pone fuori dal coro e appare tremendamente stonata.
(Le nostre paure)

Io non so se il tempo presente ci ha donato grandi benefici, di sicuro ha inventato un sacco di paure.
(Intervista a Il Corriere della sera, 2009)

Molte persone non sanno amare, non si innamorano mai, e talvolta pongono difficoltà anche inconsapevoli ad accettare di essere una metà adatta solo a un’altra metà. Non c’è dubbio che di questo atteggiamento fa parte il narcisismo.
(Le nostre paure)

L’Italia è un Paese malato di mente. Esibizionisti, individualisti, masochisti, fatalisti.
(intervista a HuffPost, 2018)

Siamo malati di masochismo mascherato dall’esibizionismo. Tipo: non ho una lira ma mostro il portafoglio, anche se dentro non c’è niente. Oppure: sono vecchio, però metto un paio di jeans per sembrare più giovane e una conchiglia nel punto dove lei sa, così sembra che lì ci sia qualcosa e invece non c’è niente.
(intervista a HuffPost, 2013)

il sapere non conta. Conta il potere come verbo, faccio perché posso non perché è utile. Il potere è la più grande malattia sociale che esiste.
(intervista a HuffPost, 2018)

Internet è uno strumento straordinario che ha consentito al sapere di fare grandi passi avanti, ma nella vita quotidiana buttarsi dentro i social – vere e proprie fughe dai sentimenti, dalle relazioni – assorbiti da video, post, commenti, rischia di far smarrire l’umanità. I figli dimenticano i padri e i padri i figli
(intervista a HuffPost, 2019)

La fragilità rifà l’uomo, mentre la potenza lo distrugge, lo riduce a frammenti che si trasformano in polvere.
(L’uomo di vetro)

La fragilità è un valore umano. Non sono affatto le dimostrazioni di forza a farci crescere, ma le nostre mille fragilità, tracce sincere della nostra umanità.
(L’uomo di vetro)

Talvolta si perde perché non si è scelto bene il campo della prova.
(L’uomo di vetro)

Un uomo adulto non può esser ridotto a un uomo attivo e produttivo.
(L’uomo di vetro)

La normalità è noiosa. Amo i matti perché sono originali
(intervista a HuffPost, 2018)

Il mistero non è una domanda, bensì una risposta.
Il mistero c’è: dentro ciascuno di noi, dentro la natura.
(La gioia di pensare)

C’è un individualismo spietato. E badi che ci tengo a questo aggettivo. Perché un certo individualismo è normale, uno deve avere la sua identità a cui si attacca la stima. Ma quando diventa spietato…
(Vittorino Andreoli, Intervista a HuffPost, 2013)

La vita umana non è solitudine ma condivisione, appartenenza, attaccamento.
(Il lato oscuro)

Gli antidolorifici sono una grazia della scienza e si trovano in natura prima che nei laboratori, e aiutano a vivere, ma c’è un dolore che non risponde ai farmaci, a nessun farmaco: il dolore di vivere, quel male che sembra attaccarsi al respiro, all’esserci.
(L’uomo di superficie)

Senza cultura è come essere in un deserto a piangere la distruzione della società, attuata per consentire a pochi idioti di esprimere il loro delirio di onnipotenza.
(Il denaro in testa)

La distruttività è una sorta di desiderio di ammazzare l’altro, di far del male all’altro, ma anche a se stessi
(Quante storie, Rai3)

Basta una generazione a far evaporare quello che l’umanità ha imparato nel corso dei millenni
(Intervista a Il Corriere della sera, 2018)

Poco alla volta perdiamo la memoria semantica, così come stiamo perdendo quella numerica, che abbiamo affidato agli smartphone: dai conteggi al calcolo per ritrovare la strada di casa
(Intervista a Il Corriere della sera, 2018)

Oggi gli esperti di una materia non solo non vengono ascoltati, ma derisi, ignorati a volte
(Intervista a Il Corriere della sera, 2018)

Se fosse possibile guardare una società con una visione d’insieme o con un coup d’oeil, come si fa di fronte a un paesaggio o un’opera d’arte, indubbiamente verrebbe da dire che quella in cui viviamo è una società in cui mancano in princìpi.
(Principia: La caduta delle certezze)

Ci sono tre tipi di morte: la morte fisica che cancella il corpo; la morte psicologica, cioè si può uccidere una personalità, distruggerla, ferirla senza toccare il corpo. C’è poi una morte sociale, quella che rovina il ruolo di una persona.
(Intervista a Sanità e informazione)

Negli smartphone c’è il narcisismo
(Intervista a Sanità e informazione)

Il grande conflitto non è su l’avere o no degli oggetti, ma su poter realizzare dei sogni.
(Intervista TG5)

Nel vocabolario dello stupido manca il termine perché. Egli non percepisce il dubbio, non ha un senso critico, non mostra interesse per i temi della società, semmai li strumentalizza a favore dei propri.
(L’educazione (im)possibile)

La frustrazione è un debito di violenza che prima o dopo si esprimerà contro qualcuno o qualcosa.
(L’uomo di vetro)

L’ossessività è la ripetizione rituale, liturgica di gesti che, proprio perché già compiuti e conosciuti, rassicurano il soggetto sul loro esito. Non c’è insomma pericolo di sperimentare fallimento e frustrazione.
(I segreti della mente)

La percezione della fine è dentro ciascuno di noi, è uno stigma della specie, un marchio della sua caducità.
(L’uomo di vetro)

Lo sforzo della società è di omologare, di rendere simili in modo che il comportamento di un componente sia identico a quello degli altri; ciò permette di prevedere che nella stessa situazione tutti agiranno conformemente.
(Le nostre paure)

La follia non è altro che una vita spesa a contatto con il mondo di dentro, con i propri mostri, con nemici che non esistono veramente nelle strade della città, ma che sono in quelle del mondo che mi porto addosso.
(Le nostre paure)

La mia fragilità mi porta ad amare, dunque l’amore è la risposta a un bisogno, nato dalla fragilità, dalla percezione che senza l’altro il mio essere nel mondo è votato solo alla morte, al non esserci.
(L’uomo di vetro)

È bellissimo educare, significa tirare fuori e non imporre, come spesso si crede.
(Lettera a un adolescente)

«Educare» vuol anche dire «venire educati». Quella educativa è una relazione a due dove chi educa e chi è educato non sono distinguibili.
(Lettera a un adolescente)

Le madri o i padri terrorizzati dai pericoli che corrono i figli manifestano prima di tutto problemi di insicurezza, personale o di ruolo.
(Lettera a un adolescente)

Ricordati di criticare tuo padre e tua madre, di difendere i tuoi diritti, compreso quello del rischio e dell’errore. Ma amali sempre.
(Lettera a un adolescente)

Ti hanno generato, un evento tremendo e stupendo perché ci sei e puoi dare un senso non solo alla tua vita, ma a quella più vasta del mondo: puoi essere mondo.
Non buttarti via, non farti del male, perché così facendo colpisci il mondo intero.
(Lettera a un adolescente)

La nostra immaginazione sa creare terribili mostri.
(I segreti della mente)

Il denaro ha la forza per sconvolgere tutti i princìpi, forse persino quelli biologici, impressi dentro la nostra carne.
(Il denaro in testa)

Il matrimonio è la mia vita assieme a lei e ai nostri figli, ma nessuno di noi potrà dire che si è trattato di una gita fuori porta durata quarant’anni.
(L’uomo di vetro)

Il senso di appartenenza. Questo è il matrimonio.
(L’uomo di vetro)

Nel momento in cui smettiamo di pensarci come entità individuali e ci convinciamo che un poco dipendiamo dagli altri e che gli altri un poco dipendono da noi, be’ i legami durano.
(Intervista a Il Corriere della sera, 2018)

Di fronte a un medesimo episodio, sia esso positivo che negativo, si osservano reazioni molto diverse. E ciascuno di noi si interroga sul perché una persona si dia una risposta di malessere, mentre un’altra invece viva quella stessa esperienza in maniera opposta.
(La gioia di vivere)

Il potente non crede di dover risorgere poiché pensa di essere tetragono, come la Tour Eiffel fatta di ferro e non di carne, senza anima, fredda come una rotaia.
(L’uomo di vetro)

Bastano cento persone con la voglia di morire come kamikaze, e dunque imbottendosi di esplosivo, per rendere ridicolo il sistema della certezza e della certezza del potere di questa terra, dei potentati di questo mondo
(L’uomo di vetro)

Per accettare la sconfitta bisogna credere in chi la decreta, bisogna essere certi che le gare non siano truccate, non divengano motivo di affari, ma si svolgano all’insegna dell’assoluto rispetto delle capacità e dei talenti, in qualsiasi settore si pongano.
(L’uomo di vetro)

La solitudine è una pace inaccettabile. Una contenzione dei sentimenti per sembrare normali mentre si avverte il desiderio di esplodere, di esistere per qualcuno. E allora si può anche litigare, colpire e colpirsi, pur di non essere soli. Inutile per tutti. Inutile a se stesso.
(da Tra un’ora, la follia)

L’invidioso non ha un Io forte, ben strutturato, ma si appoggia sempre a un Io gregario.
(L’uomo di superficie)

L’invidioso non usa mai ciò che ha, gli manca sempre ciò che vuole. Non ha, e non è: cerca di essere e di avere qualcosa che nemmeno conosce e che desidera solo perché appartiene ad altri.
(L’uomo di superficie)

L’intelligenza non ha mai prodotto ricchezza e non ha assolutamente mai avuto la venerazione della massa che per definizione, non avendo intelligenza, non è in grado di prenderla in considerazione.
(Le nostre paure)

La disperazione è follia. La follia, la percezione della impossibilità di vivere: esserci, ma come non esserci. La disperazione come esperienza di follia è incompatibile con la vita. Vede morte, progetta morte e ammazza sé e l’altro.
(Il lato oscuro)

Io vedo la follia come un meccanismo che ricalca quello della disperazione, della sensazione di fine: l’incomprensibilità del mondo, il tirarsene fuori. Stare ancora sul pianeta senza saperlo. Vicino agli altri senza aver bisogno dell’altro. Perdendo persino il ricordo delle parole e del loro significato, rinunciando a comunicare.
(Il lato oscuro)

Lo schizofrenico è un’isola, una monade chiusa in una cella dell’esistere, in una prigione del mondo. In isolamento perché così può ancora respirare. La vita che più si avvicina alla morte.
(Il lato oscuro)

Senza la parola, il cervello umano avrebbe la dimensione di quello d’una bertuccia.
(La mela è pronta e altri racconti)

Alla fine, anche lo psichiatra abitava il manicomio come gli altri matti. Una vita strana, forse paradossale, forse assurda, ma tutto sommato vera. Quando si doveva stabilire che le cose non andavano, il confronto era con la vita dei sani. Una normalità che, dovendo definirlo, saprei descrivere solo come patologia, in quanto per gli abitanti del manicomio è il “fuori” ad essere anomalo.
(da I miei matti)

Non so se mettevamo in manicomio la vita o la morte; forse è la morte che ho curato, era la morte che in manicomio sopravviveva.
(da I miei matti)

C’erano persone che vivevano in manicomio da quindici, da vent’anni, e la loro esistenza stava tutta in mezza pagina con parole adatte a una merceologia da mercato.
La cartella clinica sembrava l’epitaffio del matto, ma anche di una umanità capace di ridurre una vita a quattro parole senza comprenderne i nodi essenziali.
(da I miei matti)

La follia è sempre stata un esperimento estremo dell’esistere, talmente al limite della sua possibilità che ancora un centimetro e c’era la morte.
(da I miei matti)

Esistono cervelli normali che ammazzano, così come esistono matti che ammazzano.
(da I miei matti)

Le persone che stanno con voi in casa hanno bisogno di attenzione, non datela mai per scontata, vanno seguite, ascoltate: questo è rispetto umano.
(Lettera alla tua famiglia)

E’ strana la forza del dolore, un momento in cui pareva di morire e poi invece si è continuato a respirare e a muoversi: il dolore ha la capacità di mostrare la propria resistenza alla vita.
(Il silenzio delle pietre)

La società dell’inutile trionfa alla fine di un processo folle che ha spinto l’industria a produrre beni superflui, come se lo scopo dell’uomo non fosse di essere e vivere in una società giusta, bensì quello di apparire; ed è proprio su questa esigenza che si fonda il grande dogma della contemporaneità: si ha successo se si appare.
(L’educazione (im)possibile – Orientarsi in una società)

Il denaro è una delle illusioni più pericolose, perché accumularlo senza perdere la propria dignità è difficilissimo.
(Il denaro in testa)

La ricchezza copre tutto: la volgarità, la stupidità, l’ignoranza. È frutto non di doti speciali, ma di abilità che a volte accomunano il ricco e il criminale.
(Il denaro in testa)

Un uomo dal portafoglio pieno, quando si sente amato, deve attribuire il suo successo ai soldi che tiene in tasca.
(Il denaro in testa)

È una disgrazia per un bambino o per un adolescente sapere di essere ricco e poter soddisfare ogni desiderio dipendente dal denaro. In questi casi diventa impossibile misurare le proprie forze e le proprie capacità. Tutto si riduce al chiedere, immediatamente seguito dall’avere.
(Il denaro in testa)

La terra è una valle di lacrime,ma noi vorremmo continuare a piangere, se questa è la condizione per non andare in un luogo di serenità e gioia eterna.
Ricordo sempre la chiusura del manicomio di San Giacomo della Tomba a Verona, nessun malato voleva lasciarlo…
(Ma siamo matti)

L’alterigia è un’infatuazione, è la condizione dello stupido che si veste di onnipotenza, pensando che l’altro sia più stupido di lui. E quasi sempre non è vero.
(La gioia di vivere. A piccoli passi verso la saggezza)

Se si diventa genitore mettendo al mondo un figlio, per diventare padre e madre occorre dedicare tutta la propria vita.
(Lettera alla tua famiglia)

Sono un “infelice gioioso”. Non amo il concetto di felicità perché è individuale, direi egoistico. La gioia invece è corale, si può condividere e trasmettere. Se vuole sapere qual è stata la gioia più grande della mia vita glielo dico: sono stato felice quella volta in cui mio padre mi ha detto che era contento perché io avevo fatto il mio dovere. Nonostante fossi un gran secchione non mi aveva mai detto “bravo”.
(intervista a HuffPost, 2018)

Vivere significa essere qui e ora, in questo mondo.
(I segreti della mente)

Mi annoia l’arroganza del potere. Perché è prevedibile, perché è debolezza. Amo le persone originali, poco mondane, poco inclini ai compromessi. E diffido di chi fonda tutto sul denaro
(Intervista a Il Corriere della sera, 2018)

Ebbene, se sono stato, e sono, un buon psichiatra, se ho aiutato i miei matti, ciò è avvenuto per la mia fragilità, per la paura di una follia che si annida dentro di me, per la fragilità che avverto capace di sdoppiarmi, di togliermi la voglia di vivere e di rendermi simile a un depresso che chiede soltanto di scomparire per cancellare il dolore di cui si sente plasmato.
(L’uomo di vetro)

Lo psichiatra non ricostruisce la grandezza, ma sempre e soltanto la fragilità. È come se amasse le caratteristiche dell’uomo fragile, non quelle dell’onnipotente, del forte; semmai la forza è in quella insufficienza, in quella consapevolezza di potersi rompere, come un vaso «segreto»: solo se si rompe esce qualcosa di sconosciuto e di prezioso.
(L’uomo di vetro)

Le confesso la mia personalissima preghiera, che non ho mai rivelato a nessuno. Fa così: caro Dio, io non credo di conoscerti, ma ricordati che se ti conoscessi, farei esattamente quello che tu mi chiedi
(Intervista a Il corriere, 2018)

Credo di essere anatomicamente fatto di carne, ossa e di pagine di libro…