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Dobbiamo riscoprire il dialogo con il silenzio

Dobbiamo riscoprire il dialogo con il silenzio

Fonte: L'Arena

20 aprile 2022 | Maurizio Battista

«Dobbiamo parlare meno, riscoprire il silenzio. Siamo fagocitati dalle parole. Cartesio non direbbe più cogito ergo sum ma "parlo quindi sono".

Per questo il messaggio del Pontefice, con il suo silenzio per riflettere sulla Passione del Cristo morto in Croce è un messaggio fortissimo contro la strafottenza e contro la presunzione»
Il tema del silenzio, per Vittorino Andreoli, celebre psichiatra e attento osservatore degli usi (e abusi) e costumi, è un invito a nozze. Lui, per esempio, nei due anni di pandemia a fronte di tanti virologi e maitre a penser del Covid si è imposto il silenzio. C'era già abbastanza fragore. Anzi rumore.

Quel rumore di sottofondo del quale non sappiamo più fare a meno mentre il silenzio è cibo per il pensiero.
Se non c'è il silenzio non scatta la riflessione, non c'è concentrazione, non si costruisce quell'elaborazione di progetto di cui ci sarebbe tanto bisogno, diventa impossibile lasciare la superficie per andare in profondità.  E da papa Francesco e dalla Via Crucis sono arrivati due fortissimi messaggi di silenzio.

Perché il silenzio parla, ha le sue parole. E Vittorino Andreoli lo spiega benissimo.

Professor Andreoli, il silenzio oggi è rivoluzionario?
Il silenzio è diventato rarissimo. Ma intendiamoci, il silenzio di cui parliamo noi non è mutismo. Non è il vuoto. È invece una modalità differente per comunicare con se stessi, per ascoltare. Perché oggi non sappiamo più nemmeno ascoltare gli altri e stare in silenzio.

Il silenzio è una necessità?
Sì, il silenzio è un bisogno. Noi oggi siamo solo dei risponditori, non dei pensatori. Usiamo la parola come stimolo a una risposta, in modo automatico.

Il silenzio è forma di rispetto...

Certo. Il Papa con il suo silenzio per la Passione ha portato in evidenza il significato religioso ma anche quello più umano. Il dolore richiede silenzio. La sofferenza, la preoccupazione, in questi tempi di guerra per esempio, richiedono silenzio, rispetto Non talk show pieni di parole.
La creazione di qualcosa richiede silenzio. Pensiamo a Michelangelo: ma secondo voi mentre estraeva dal marmo la Pietà era in silenziosa concentrazione o urlava? Il silenzio è un modo per prepararsi.

É decisivo per formare il pensiero che precede la parola, ma oggi si parla e basta

Si diceva una volta: prima pensa, in silenzio quindi, e poi parla. Oggi non è più così?
Il linguaggio è la caratteristica fondamentale della specie umana. Ma stiamo regredendo e questa è la vera crisi dell'homo. Abbiamo stravolto la parola: è diventata solo un fatto motorio, stimolo e risposta, azione e reazione. Ormai usiamo il linguaggio per confondere. Pensiamo al politically correct: significa parlare dicendo il falso. Quando qualcuno parla c'è sempre il "non detto" perché parliamo per nascondere altro e il linguaggio diventa confuso.

Il silenzio come momento di verità?
Il linguaggio viene dopo il pensiero, è la sua traduzione. Mentre oggi è tutto rovesciato: è importante quello che si dice, non il pensiero. Sentiamo e trasformiamo suoni, ma il pensiero dov'è? Chi è il pensatore?

VittorinoAndreoli20Aprile2022
Il silenzio vale più di mille parole è una frase che spiega molto no?
Il silenzio ha le sue parole. Urla. Fa discorsi. Quando ho il camice bianco e mi trovo davanti uno schizofrenico, un dissociato che usa un linguaggio senza senso, stiamo in silenzio: nel silenzio c'è la comunicazione, profonda.

Il silenzio come ascolto.
Di questo dobbiamo essere capaci. L'insegnamento della Via Crucis e del papa è questo: il silenzio è ascolto per sentire anche l'indicibile. Significa attesa e l'attesa riattiva il pensiero, l'interiorità, ci fa scoprire la nostra dimensione.

Il silenzio ha un valore terapeutico? Sempre più persone sentono l’esigenza della meditazione, del ritiro: può essere indicativo questo?
Certo, c'è una grande richiesta di meditazione per comunicare con se stessi e ascoltarsi. Sicuramente è un segnale. Perché oggi siamo travolti da una verbosità che è staccata dal pensiero. Ci sputiamo addosso le parole rispondendo a degli stimoli più che a un pensiero.

Difficile che così nascano delle grandi idee no?
Benedetto Croce sosteneva e dimostrava che esiste un legame tra il pensiero e il linguaggio. Tanto è più ricco il linguaggio tanto più puoi esprimere meglio le tue idee e arricchirle. Nella Treccani sono contenuti 60mila lemmi; noi nel- linguaggio quotidiano, corrente, utilizziamo un centinaio di parole; 150 se siamo raffinati. Da qui possiamo capire quanta fatica facciamo ad esprimere le nostre idee. La nostra capacità linguistica frena la ricchezza -di idee. Se non pensi, usi sempre le, stesse parole, e alla fine è un linguaggio senza idee o con idee scarse.

E il dialogo muore...
Ma chi oggi dialoga ancora? Chi ricorda i dialoghi di Platone o di Seneca, con la loro pacatezza e rispetto? Oggi mi capita di dialogare di più con chi non c'è più, piuttosto che con i vivi. Se sto in silenzio è perché magari sto dialogando con loro. Mi viene in mente l'esempio degli Esicasti del monte Athos, monaci che non parlavano per non interrompere il dialogo con Dio. Ecco, noi dobbiamo tornare a dialogare con il silenzio, per ritrovare noi stessi e il senso della nostra vita, i nostri sentimenti; non possiamo avere un linguaggio staccato da ciò che abbiamo pensato. Il silenzio ci fa ritrovare l'umiltà.

Merce rara, professore.
Certo, perché si preferisce fare i falsi modesti che in realtà nasconde una percezione grandiosa di sè che consente di abbassarsi al livello dell'altro. Invece l'umiltà nasce dall'humus, dalla terra. E il Papa in silenzio per la Passione è la rappresentazione dell'umiltà. Che non è la modestia.