Andreoli rivisita Freud

L'INTERVISTA. Il celebre psichiatra veronese dedica un saggio al padre della psicanalisi

Sette lezioni sullo scienziato scomparso 80 anni fa. «Non sono freudiano -spiega l'autore- ma lui ha rivoluzionato il rapporto tra medico e paziente»

Fonte: L'Arena del 8 giugno 2019

Alessandra Galetto

Un viaggio nella testa di Freud. Per conoscere e comprendere, prima ancora del medico, l'uomo, con le sue contraddizioni, intuizioni, paure, idiosincrasie, proprio quelle stesse che gli hanno consentito di «inventare» la psicanalisi partendo da un principio di fondo: il dialogo con l'altro, la parola come terapia, l'empatia spinta fino al transfert
È un'operazione insieme estremamente suggestiva e criticamente accurata, e, oggi, a 80 anni dalla scomparsa del padre della psicanalisi, tanto più necessaria, quella che lo psichiatra veronese Vittorino Andreoli affronta nel suo «Freud. Sette lezioni sulla psicoanalisi» (Marsilio, pp. 128, euro 15) in libreria da un paio di giorni.


Andreoli racconta la vita e il lavoro di Freud in sette tappe: dai fondamenti della sua teoria - psiche, sessualità, inconscio, rimozione, complesso di Edipo, libere associazioni - alla tecnica psicoanalitica, dai sogni ai casi specifici, dal transfert alle critiche, fino a individuare quel che resta oggi della sua eredità e cosa invece si può serenamente abbandonare. Un'importante rilettura di una figura cardine del secolo scorso, per chiarire le origini di convinzioni che ancora agiscono profondamente sulla cultura e sul nostro modo di pensare. «Premetto innanzitutto che non sono uno psichiatra freudiano», ci spiega Andreoli, concedendo, mentre il libro è pronto per l'uscita, di raccontarci questa sua nuova avventura. «E certamente è oggi chiaro a tutti che alcune cose che Freud aveva sostenuto sono superate: resta il fatto che le sue intuizioni hanno cambiato per sempre il nostro modo di vedere l'uomo. Quello che resta centrale della sua opera è l'invenzione di un nuovo modo di relazione tra medico e paziente. E la relazione, creda, è alla base di tutto, questo lo dico anche in quanto medico: se non “sento” la sofferenza dei miei pazienti non posso nulla.
Tra l’altro la vita di Freud è stata la vita di una persona solitaria, che ha dovuto almeno inizialmente lottare contro il mondo accademico ufficiale perché le sue teorie avessero credito: anche in questo senso un esempio necessario oggi….
Freud«Tanto più necessario in questi tempi davvero bui», conviene Andreoli. «Freud era un uomo di provincia, ha fatto davvero una vita solitaria, spesso in lotta, da pioniere di una teoria che avrebbe rivoluzionato la visione dell'uomo e alla quale lui ha creduto strenuamente, senza alcun compromesso. Ecco, vedo e ammiro prima di tutto in Freud l'esempio di un uomo coerente. Mi viene da sorridere pensando che certe volte qualcuno mi dice: "Lo sa professore che invecchiando è diventato più intollerante". Allora rispondo: "Non lo sono ancora abbastanza". Ecco, oggi più che mai bisogna saper restare saldi nei propri principi, bisogna restare coerenti: così è stata la vita di Freud. E dunque salviamo Freud prima di tutto in quanto uomo: certo ha fatto anche alcuni errori grossolani, ma anche per questo è stato un grande uomo».
Tra le intuizioni ancora più che mai valide di Freud, Andreoli indica la pulsione di morte. «Si tratta di un'idea che oggi è stata dimenticata e che invece mi pare estremamente necessaria per interpretare il nostro presente: Freud era partito parlando di eros e libido, ma poi nel '24 aveva parlato di pulsione di morte per indicare quei comportamenti che avevano in sé un carattere masochistico. Io oggi sto usando questa categoria per spiegare il passaggio dalla violenza alla distruttività. Siamo in un tempo in cui quella violenza, comunque condannabile, che però aveva per così dire uno scopo (per esempio uccidere per gelosia: ammazzo l'amante della donna che amo, poi lì, con quel gesto, la violenza finisce perché ho ucciso l'oggetto che la generava), a quella che chiamerei distruttività: un bisogno di annientamento che è come una piccola apocalissi. Di cui la cronaca continua drammaticamente a raccontarci. Freud, di questo delirio, aveva già parlato».