Da homo sapiens sapiens a homo stupidus stupidus: le riflessioni di Vittorino Andreoli

Fonte: www.ilfont.it

29 settembre 2018 | Luisa Perlo

Dire in poche parole chi sia Vittorino Andreoli è impossibile, data la sua ricchissima biografia, ma appare anche superfluo, dal momento che, oltre ai meriti da psichiatra, annovera una produzione di testi che, nell’arco di circa quarant’anni, lo hanno reso famoso anche tra i non addetti ai lavori.

I suoi contributi scientifici in ambito psichiatrico sono affiancati da testi più divulgativi, in cui dimostra come la psichiatria debba essere legata all’antropologia, e non possa sottrarsi allo studio dei comportamenti sociali che determinano la qualità della nostra esistenza.

Molto attento agli episodi di “follia”, ha spaziato anche nel campo della giurisprudenza, sostenendo la tesi della “normalità” degli autori di efferati omicidi, spesso resi tali dal contesto sociale in cui hanno operato.

Sostenitore convinto dell’utilità della prevenzione, Vittorino Andreoli offre ai suoi lettori, mediante i testi più divulgativi, la possibilità di avvicinarsi a tematiche assai complesse, riconoscendo la necessità di utilizzare un mezzo di comunicazione più semplice, una lingua che esplora il significato e, nel limite del possibile, lo semplifica (scelta, questa, che ci sentiamo di condividere pienamente, in contrasto con i suoi detrattori che lo accusano di una intollerabile banalizzazione).

In quest’ottica deve essere letto il suo ultimo lavoro, “Homo stupidus stupidus. L’agonia di una civiltà”.

Il regresso evolutivo analizzato da Vittorino Andreoli

Gli albori dell’umanità sono stati caratterizzati da un lentissimo processo evolutivo, che ha garantito la trasformazione dell’australopitecus in un ominide habilis, capace di scegliere ma non di forgiare compiutamente strumenti utili alla sua sopravvivenza, in homo erectus, con l’acquisizione della stazione eretta e la trasformazione del pollice in opponibile, per arrivare infine, grazie alle modificazione della struttura cranica e all’aumento della massa cerebrale, all’homo prima sapiens, e poi sapiens sapiens, pronto a colonizzare il pianeta nell’era neolitica.

Vittorino Andreoli conia ora la definizione di homo stupidus stupidus per definire la degenerazione che caratterizza il nostro tempo, in cui l’uomo non mette a frutto le potenzialità del suo cervello evoluto e si abbandona alla corrente della tecnologia, che lo impigrisce e lo rende protagonista dell’agonia della nostra civiltà.

L’involuzione vissuta dal singolo individuo, incantato dal miraggio del progresso, determina il diffondersi della violenza, spesso tramutata in rabbia distruttiva, dannosa a sé e agli altri, come testimoniano le cronache quotidiane.

Siamo insicuri e frustrati, vogliamo il potere ad ogni costo, non siamo capaci a guardare il Noi, troppo presi dalla celebrazione del nostro Io, creiamo giorno dopo giorno una società dell’assurdo.

E’ una diagnosi feroce del nostro tempo, che il professor Vittorino Andreoli ritiene così malato da mostrare i segni dell’agonia, dal momento che nessuno sembra volerlo curare.

L’uomo sapiens sapiens ha trasformato il suo cervello in uno straordinario strumento per lo sviluppo in ogni campo, ma oggi non sappiamo più utilizzarlo, succubi di quelli che vengono definiti come protesi delle nostre mani, cioè i telefoni cellulari.

Perché sprecare tempo  e disperdere forze per fare ciò che un oggetto può ottenere in tempi per di più brevissimi?

Abbiamo spostato il cervello dalla testa alla tasca, sostiene Andreoli, senza comprendere la portata di questa azione.

Quale prospettiva per l’umanità, Professor Vittorino Andreoli?

E dunque?

Esistono cure che possano dare una boccata di ossigeno al paziente in agonia?

Intanto occorre partire dall’etimologia delle parole: stupidus è termine latino, che indica colui che genera stupore per i suoi comportamenti, che appaiono assurdi.

La gravità della definizione, che non va quindi fatta coincidere con un insulto gratuito, emerge quando è la società intera ad assumere questo comportamento e l’eccezione diventa colui che si stupisce, che vede l’anello rotto della catena e manifesta il desiderio di un cambiamento.

Da dove iniziare, dove trovare lo spunto per la speranza di un futuro in cui la mente torni ad occupare un ruolo centrale nella vita quotidiana dell’uomo?

La ricetta di Vittorino Andreoli è tanto semplice quanto difficile da mettere in pratica: occorre innanzi tutto prendere coscienza di noi stessi e del nostro vivere, capire che abbiamo sostituito le relazioni reali con quelle virtuali, manifestare la volontà di soffocare l’individualismo a vantaggio dell’altruismo, tornare a credere nei principi che sono stati fondanti per lo sviluppo dell’umanità e che abbiamo accantonato.

Una società dove domina l’eccesso è destinata alla morte, l’uomo senza misura si autodistrugge, in quanto la sua fede è solo legata al denaro, al successo ed al potere.

Cambiare la prospettiva è l’unica soluzione per non soccombere: Vittorino Andreoli nutre il sentimento fondamentale, la speranza, quella che può trasformarsi nel farmaco miracoloso per una cura efficace.

Anche a noi tocca averla e nutrirla, per non lasciare colare a picco la società Occidentale che poggia su millenni di progresso reale.

E solo con questo impegno potremo indurre un domani il fustigatore dell’oggi a cambiare la sua convinzione : “Siamo la società dell’homo stupidus stupidus stupidus. Oggi solo gli imbecilli possono essere felici”. (V. Andreoli)