Narrativa, "Il silenzio delle pietre" di Vittorino Andreoli

Fonte: magazine.irno.it

23 gennaio 2018 | Rosanna Auriemma 

Vittorino Andreoli, psichiatra di fama mondiale, ha inaugurato il 2018 con un romanzo dalla forte carica empatica e dai contenuti quanto mai attuali, "Il silenzio delle pietre", edito da Rizzoli.

Il protagonista è un uomo, esasperato dalle bruttezze di una vita crudele, che non fa sconti a nessuno. Di lui sappiamo pressoché nulla. E' un "fuggiasco", come lo stesso Andreoli lo definisce. Il suo anonimato non risulta in antitesi con l'intera opera. Esso è fondamentale per lasciar trasparire la forte crisi interiore e l'inevitabile perdita identitaria a cui è sottoposto l'uomo contemporaneo.
Scorrendo tra le righe del testo sembra quasi di trovarsi proiettati nel mondo immaginato da George Orwell, governato dal meschino totalitarismo del "Big Brother".
Tuttavia, pur non essendo ambientato nel 1984, bensì nel 2028, è come se la storia si ripetesse, adattandosi al peggiore dei mali che ha attanagliato l'uomo moderno: il capitalismo. Creare il bene di consumo e con esso anche il bisogno di possederlo ha portato a conseguenze disastrose per la popolazione. Gli uomini tendono a primeggiare l'uno sull'altro, preoccupandosi soltanto del proprio tornaconto. La volontà di ottenere l'oggetto del desiderio supera ogni ambizione, andando oltre gli stessi confini entro cui l'etica racchiude la popolazione. L'eterna insoddisfazione che deriva dalla necessità, non sempre appagabile, di possedere tutto, spinge gli individui in un vortice di odio verso il prossimo, svalutando la natura e la società in cui sono immersi e dalla quale non possono più fuggire.

Vivere con i polsi stretti tra manette, è questa la sensazione di cui l'uomo da anni si nutre. Troppo lontana sembra quella fioca luce in fondo al tunnel, eppure non molla. Il protagonista, senza mostrarsi ai lettori, mantiene il suo anonimato. Tale fattore è rilevante ai fini di un'analisi introspettiva. E' questo un romanzo che vuole mettere in scena i drammi che l'italiano medio è costretto a vivere, sopraffatto da una situazione politica non sempre ben definita ed efficiente per il proprio paese, dall'illegalità dirompente, da norme proposte e mai applicate, dall'illusorietà di vivere in un paese democratico. Senza un nome, senza una biografia, men che meno di un'identificazione nitida.

Abbiamo a che fare non con un uomo qualunque, bensì con il nostro stesso alter ego, fragile e stanco dei soprusi di un sistema che lo tiene in catene. Forte della propria volontà di svoltare e abbandonare una condizione sfavorevole al proprio avvenire, il "fuggiasco" si muove nell'ombra ed è in essa che alla fine riuscirà a trovare una via di fuga. Abbandonato da una società in cui non si riconosce, dimenticato da un mondo falsamente interessato al benessere dei propri figli, si ritrova a fronteggiare il proprio "io" totalmente in frantumi. Nel silenzio e nella solitudine troverà la forza di voltare pagina, abbandonando definitivamente un mondo disumanizzato e apatico. In questa situazione grigia e incerta il protagonista, creato dalla penna di Vittorino Andreoli, trova la sua salvezza nella baia di Inverkirkaig, ove l'unica presenza umana risulta essere un'anziana signora che vive col suo gregge di pecore. Un'altra anima sola, chiusa nel suo malessere interiore, scorbutica e lontana dal resto dell'umanità. Proprio come il "fuggiasco" ha preferito la calma e la tranquillità di quel mondo incantato, tra le bellezze incontaminate di un paesaggio arcadico.

E' questo un vero e proprio atto di fede, che sancisce il punto di inizio di un cambiamento radicale, un ritorno alla natura e alle sue origini. In un paradiso terrestre dalle acque cristalline, immerso in un verde incantato, il protagonista si ritrova dinanzi ad uno spettacolo decisamente singolare. Una varietà infinita di uccelli, che vivono nella baia e dipingono il cielo con i loro colori sgargianti. E' dalle piccole cose che il protagonista ritrova il piacere di vivere, di respirare a pieni polmoni la purezza di un mondo disincantato. Inebriatosi di luci ed ombre, dei chiaroscuri che racchiudono in una cornice un panorama mozzafiato, il "fuggiasco" ritrova la pace e il piacere della scoperta, iniziando proprio dalla speculazione su quel mondo alato, che mai aveva visto prima. La vita in quelle immense distese gli lascia spazio per riflettere sulla condizione di miseria e precariato, cui devono sottostare gli uomini nella metropoli. Negli occhi dei volatili ritrova un profondo senso di commiserazione verso gli umani. Gli animali riescono ad arrivare lì dove l'uomo trova paletti, provando un profondo senso di disperazione per l'umanità intera.

Nonostante la straordinaria bellezza della baia, dei suoi suoni e della sua composita varietà di colori, il protagonista ritorna con la mente al suo passato. Un guizzo nel suo animo accende una fiamma nei suoi occhi. Riemerge dall'oscurità l'ardente bisogno del calore umano, dell'affetto, di uno sguardo, ma anche di una semplice stretta di mano. Ogni uomo, in quanto tale, ha bisogno di una comunità di appartenenza, poiché la natura non può essere sostituita ad una società di suoi simili, con cui condividere passioni, dolori, eventi felici e non.

La metropoli significa scegliere l'infelicità, accontentarsi della pochezza d'animo, rinunciando all'incomparabile bellezza della baia di Inverkirkaig. Grande è il senso di frustrazione che ne deriva, riflettendo sui volatili che ancora compongono coreografie in un cielo terso. Vivere come loro, godendo di ogni istante, cogliendo ogni attimo con spensieratezza e pace interiore. E' questo a cui l'uomo deve tendere per poter ritrovare il proprio io, per soffrire meno in un mondo che non aiuta. Accettare la propria condizione è necessario per prendere una presa di coscienza, affrontando a denti stretti il caos interno ed esterno che segna i nostri giorni. Sognare, apprezzare ogni gesto, amare nonostante l'odio dilagante, non possono far altro che fortificare l'uomo, sfidando la realtà così antitetica del mondo, vista come la sola libertà possibile.