SERVE LA STUPIDITÀ PER ESSERE FELICI IN QUEST’EPOCA
Fonte: www.psicotypo.it
21 maggio 2018 | Davide Testa
Troppa consapevolezza rende la vita complicata
Un tempo caratterizzato dalla paura
Non è nuovo come concetto, da quando si è piccoli capita spesso di sentire che chi vuole capire troppo le cose della vita è destinato all’infelicità. Un’eccessiva consapevolezza di se stessi e dell’altro, porterebbe ad essere sempre troppo critici e disillusi. Poi, quando a confermare certe idee intervengono professionisti della mente del calibro di Vittorino Andreoli, qualche domanda in più bisogna porsela. Lo psichiatra, ha dichiarato in un’intervista su Huffingtonpost.it: “Distruttività, frustrazione e insicurezza sono le caratteristiche del nostro tempo.
Siamo la società della paura e domina la cultura del nemico”. L’epoca in cui viviamo è dominata dalla paura e un senso di appartenenza molto labile. Andreoli descrive contesti sociali dove ci si sente rifiutati. E l’esclusione porta, per l’appunto, alla frustrazione che, prolungandosi nel tempo, arriva a trasformarsi in rabbia, e la rabbia genera i nemici. Un desiderio di distruzione che cova sotto cenere, uno stato d’animo molto più frequente di quello che si è portati a credere.
Andreoli esterna le proprie riflessioni, a margine del Salone del Libro di Torino, che hanno sviluppato al suo ultimo romanzo, “Il silenzio delle pietre”. Lo psichiatra ambienta la storia in un futuro distopico, non molto lontano da noi contemporanei. La narrazione, infatti, si svolge nel 2028, il tempo che si vive vede una società di uomini non più liberi di scegliere, con l’unica alternativa di un esilio volontario. Il protagonista è un uomo in fuga da tutto: dai rumori, dalla rete, dal mondo virtuale che atterrisce e riempie quasi tutta la vita, impedendo di pensare liberamente. La decisione, per scampare a questa dittatura del pensiero unico, è la fuga in un luogo dove l’uomo ancora non c’è. La scelta ricade su una stupenda baia, immersa nella natura e distante dalla frustrazione della società che si è impadronita di gran parte del pianeta.
Violenza e distruttività
Vittorino Andreoli fa un sostanziale distinguo quando parla di violenza e di distruttività, stati d’animo che caratterizzano l’uomo postmoderno. La violenza è atta a produrre danni al prossimo. Come un individuo geloso di chi gli ha portato via l’oggetto d’amore e per questo si vendica spietatamente, uccidendolo. Ma, una volta raggiunto lo scopo, la violenza decade. La distruttività comporta un danno agli altri, ma anche verso se stessi. Una famiglia ritenuta senza speranza, per problemi economici o relazionali, da un marito e che decide di farla finita uccidendo la moglie, i figli e infine si suicida. Lo psichiatra dichiara che, queste forme di distruttività, stanno caratterizzando gli stati di crisi nelle relazioni familiari. La cronaca riporta con frequenza avvenimenti del genere. Una realtà che porta a scorgere nemici ovunque, fomentando piccole e grandi paranoie, grazie a questa insicurezza diffusa e alimentata dai media, che sono una finestra sempre aperta sulla crisi economica e politica, il terrorismo, gli efferati casi di cronaca nera di ogni tipologia.
Anche la politica è espressione di questa epoca violenta e distruttiva. I venti di guerra, che si susseguono senza sosta, alimentano la produzione di armi e degli arsenali nucleari. Il desiderio della belligeranza per mascherare problematiche personali, nutrono la cultura del nemico. Viviamo un tempo dove la fiducia nel prossimo è ridotta al lumicino, ci sono crisi spirituali che la maggioranza non riesce neanche a percepire e con una visione del futuro volta al pessimismo più cupo. Una distruzione costante della speranza e della fiducia, un altro tratto distintivo di questa epoca dove non si crede più a nulla se non al proprio ego, a sua volta formatosi in una società sorta dopo il periodo della ragione, dei lumi, delle grandi ideologie. Di questi tempi, parlare di ideali fa sorgere larghi sorrisi sulle bocche dei più. Secondo Andreoli stiamo vivendo in pieno l’epoca della stupidità.
Homo stupidus stupidus stupidus
Il senso dell’etica è scomparso, regna l’irrazionale e l’assurdo, un tempo stupido che come conseguenza porta la regressione all’homo pulsionale. Si vive un periodo storico in cui domina l’homo stupidus stupidus stupidus, perché ognuno pensa solo a se stesso. Il concetto di Nazione non è contemplato, se non per qualche slogan politico e quando gioca la nazionale di calcio. Se oggi uno non è stupido, secondo lo psichiatra, non può vivere serenamente in questa società. L’unica via di salvezza e fare come il protagonista del romanzo, che raggiunge un mondo bellissimo dove non esistono commendatori, dove l’uomo non c’è, in una parte di mondo dove Dio non ha creato l’uomo. La stupidità, in quanto dominante, si annida nel potere. Per Andreoli, il potere è per definizione stupido. Nell’intervista afferma: “Io uso il potere come verbo: posso quindi faccio. E faccio perché posso. Il potere è l’aspetto più chiaro della stupidità”.
Andreoli non si considera uomo di potere e ama scrivere e parlare dei Nessuno, per lui quelli con la N maiuscola. Perché a questo mondo esiste ancora chi non è stupido e sono proprio i Nessuno. Andreoli si considera Nessuno, perché non conta nulla. Il Nessuno non è costretto ad accettare compromessi, colui che c’è, ma è come se non ci fosse. Ed è quella la società che lui ama, quella fatta dalle persone che non contano nulla. Parlando dell’Italia, aggiorna una diagnosi in cui vede il Paese peggiorato, con gli italiani descritti come dei masochisti felici, abituati a vivere costantemente in una situazione di grave pericolo sociale ed economico, però sempre pronti a divertirsi. Una regressione all’epoca della pulsionalità, dove domina l’io e non il noi.
I nuovi padroni del mondo
Oggi si sente parlare solo di felicità, ma la felicità non può essere collettiva, è una piacevole sensazione che appartiene all’io, basata su sensazioni ed esperienze strettamente personali. La gioia è la condizione che riguarda il noi, si trasmette e si riceve attraverso un gruppo. Oggi solo gli stupidi possono essere felici, perché non considerano minimante l’altro, se non per un tornaconto personale. Nel mondo non sono più i proprietari terrieri e immobiliari a comandare, i veri padroni sono quelli dell’umanità, ben descritti da Chomsky; l’economia mondiale dipende da circa venticinque persone, le quali detengono le redini delle più grandi multinazionali e influenzano la politica degli Stati. Un pianeta in mano a poche organizzazioni che indirizzano stili di vita, fomentano la cultura del successo. Chi raggiunge lo status quo, sovente è destinato a una lotta perpetua per mantenerlo. I Nessuno faticano a vivere e chi ha troppo non sa vivere.
Riferimenti bibliografici
Andreoli, V. (2018). Il silenzio delle pietre, RM: Edizioni Rizzoli.