Le nostre paure
Fonte: dinamodinamo
David Taglieri
Non sempre una minaccia è negativa, non sempre un campanello d’allarme suonerà all’infinito ma troveremo il telecomando mentale per manovrarlo, automatizzarlo, modularlo sulla nostra realtà o sulla rappresentazione della nostra realtà.
In ‘Le nostre paure’, edito da Rizzoli, Vittorino Andreoli entra nei meandri della paura, viaggia con il navigatore della percezione e del rapporto dell’uomo con l’oggettività esterna e trasmette a noi lettori una lezione estremamente importante: scappando non si risolve un problema, lo si lascia alle spalle, lo si rimanda, lo si mette sull’ agenda delle scadenze a tempo indeterminato.
Proprio dalla constatazione di esperienze, vita passata a confrontarsi e ad imparare con i pazienti, dalla cultura specifica e a tutto tondo, lo psichiatra di fama internazionale mette in evidenza il valore aggiunto della paura: la sua peculiarità ad incarnare uno strumento di difesa. La paura ci fa anticipare i rischi, abilita la capacità di previsione e di preoccupazione che non sempre è nefasta ma lo diviene nel momento in cui la fase razionale viene annichilita e schiacciata da quella emozionale. Dal giusto equilibrio puo’, invece, partire un ragionamento di crescita personale che arricchisce dal punto di vista della qualità della vita, del benessere psicofisico, dell’elevazione interiore.
Il male è da evitare, sia chiaro: la paura della paura, l’angoscia, la tensione estrema che annega, annacqua, dissolve la lucidità e il mondo dei ricordi, avvilendo i sogni, le pianificazioni e l’ancoraggio alla realtà.
Colpisce uno dei punti focali del libro: l’incontro fra io (me) e mondo esterno deve portare il più possibile al concetto di normalità, con la soddisfazione delle esigenze del nostro privato, lo svolgimento del ruolo pubblico e sociale che sentiamo più attinente alle nostre capacità nel contesto spaziotemporale di riferimento e con la collettività intorno a noi.
Andreoli si chiede, nello specifico, come potrebbe scrivere e appuntare idee di vita, nella notte, senza le sicurezze della modernità. Le acquisizioni e le comodità della società moderna devono essere strumento, oggetto di legittima utilizzazione, ma mai fine e scopo di vita.
Dicevamo che importante è l’equilibrio fra la parte esterna e il pianeta esistenziale dentro gli uomini e le donne, non soltanto corpi che si muovono ma persone con sentimenti, con la radice sentire che vuol dire percepire qualcosa che è immateriale. Due sponde differenti, due isole distinte e distanti, che si guardano, si scrutano, si studiano con attenzione, talvolta si sorridono.
Riconoscere la paura è già convivere con una consapevolezza: il ruolo dell’essere umano è quello di comprendere la portata delle paure reali, stigmatizzare quelle immaginate, partendo da queste per domandarsi cosa caratterizza un vuoto e un allarme.
Ma l’ottimismo realismo di Andreoli, in ‘Le nostre paure’, ci consegna una grande lezione di vita: nessuno puo’ negare la presenza di un vuoto interiore, per mille motivazioni, a causa di background esistenziali e di esperienze che rendono ogni singolo individuo unico e irripetibile.
Da questo momento di autoanalisi e consapevolezza si puo’ intraprendere il sentiero affascinante della crescita personale, una salita, che si alterna a discese e a pianure e conduce alla ricerca logica, emozionale, magica di riempimenti di quel vuoto e non di riempitivi.
La paura, campanello d’allarme, immaginazione onirica, situazione fondata: comunque la si declini, si tratta di una via stretta o larga sulla quale riflettere e con la quale crescere e migliorare.