Andreoli: «Ma la paura non ci deve far paura»
Fonte: L'Arena
Maurizio Battista | 17 marzo 2022
«Alla pandemia del Covid si è sovrapposta l'ipotesi di guerra atomica e il panico va evitato cercando risposte adeguate e non insensate. E si deve coltivare la speranza»
Ci siamo ritrovati catapultati nel volgere di poche ore da una dimensione quotidiana pervasa dalla paura del Covid a una realtà dominata dalla paura di una nuova guerra mondiale. Ma è solo paura o è panico, spavento? E dopo due anni di sfibranti tensioni. Come ci possiamo difendere da questi incubi?
La ricetta a parole è semplice: non spaventarsi, non spaventare e nutrire sempre una speranza. Ma come fare? Lo abbiamo chiesto al professor Vittorino Andreoli, psichiatra, che nella sua lunga carriera ha sempre fatto i conti con paura, dolore e fragilità umana, temi ai quali ha dedicato molti libri.
Professor Andreoli, siamo stati catapultati dalla paura del Covid alla paura della guerra. Ma sono paure diverse?
Certo che sono paure diverse. La paura è un meccanismo di difesa che permette di prevedere i pericoli e consente quindi di attrezzarsi per evitarli. L'uomo ha una caratteristica in più rispettoal mondo animale, cioè l'immaginazione: può anche immaginare pericoli che non ci sono o sentirsi perseguitato da immagini illusorie create dalla paura. Spesso sono le nostre fantasie a metterci in stato di paura, non la realtà. Questo è molto importante anche nella comunicazione laddove si suggeriscono false paure.
Fare azioni buone può alleggerire i nostri timori ma in questi momenti servono persone autentiche.
Un conto è la paura, un conto è lo spavento?
La paura la consideriamo parte dei meccanismi normali, il panico rientra invece nella patologia, è una paura quantitativamente esagerata o del tutto inventata. E questo periodo storico sarà ricordato non solo nei libri di storia, ma anche nei libri di antropologia perché sulla prima pandemia della storia, si inserisce l'ipotesi di una guerra atomica. La paura quindi può avere un lato patologico quando ci troviamo di fronte ad attacchi di panico e il rischio di entrare nel panico è quanto mai possibile. Noi stiamo vivendo questa sovrapposizione, ed è una condizione in cui non mettiamo in atto una paura adeguata al pericolo, ma un panico che forse è inadeguato.
La guerra atomica terrorizza, c'è la corsa al cibo, alle scorte. Anche nella pandemia ci sono stati questi comportamenti ma è razionale tutto questo?
Che cosa serve andare a comperare dieci chili di farina se il fungo atomico può contaminare in pochi minuti tutta l'Europa? La misura non è più adeguata al pericolo. Il punto è infatti la misura adeguata della nostra difesa.
Come rispondere alla paura?
Ci sono due modi: la fuga o l'attacco. Nei confronti del virus le risposte sono state l'isolamento, i vaccini, le cure che fanno parte di una strategia adeguata che ha un senso. Ma di fronte all'ipotesi di una guerra atomica la vera paura non è il conflitto in Ucraina ma l'escalation incontrollabile. E di fronte a questa ipotesi avvertiamo che non abbiamo gli strumenti di difesa. Non ci sono.
E allora che facciamo?
Cerchiamo di sedare il panico facendo cose assolutamente prive di senso come accaparrare cibo o cercare un bunker antiatomico. Questo comunque ci dà l'impressione di fare qualcosa. Anche cose inutili che favoriscono solo la speculazione dei prezzi.
Vuol dire che in qualche modo bisogna agire e reagire?
Esatto. Perché la peggiore situazione di fronte al panico è l'impotenza. E si cerca di passare dall'impotenza all'azione perché sí ha l'impressione di fare qualcosa. Ora è il tempo della fragilità, dell'uomo di vetro.
Si spiegano così le azioni di solidarietà! Non è un caso che il Covid ci ha reso egoisti e sospettosi degli altri mentre con la guerra abbiamo riscoperto lo slancio verso gli altri, i profughi ucraini nella fattispecie?
C'è la possibilità di fare azioni buone e questo aiuta. Ognuno di noi di fronte a questa paura atomica, deve continuare a fare il bene, perché è necessario per reagire all'impotenza.
Mettiamo così insieme due opposti.
Come difendersi dall'oppressione di questa paura? Che consigli può dare?
Primo punto: la paura non va incrementata.
Durante il Covid io ho volutamente fatto silenzio perché c'erano così tanti profeti di sventura che non facevano altro che spaventare, eliminando pure ogni possibilità di salvezza. Ma la paura, non ci deve far paura.
Invece?
Invece dobbiamo salvare la speranza. E non spaventare. Perchè le persone più sono spaventate e più diventano sensibili. E mi dispiace che non si sia mai parlato in due anni di Covid del trascendente e che solo il Papa parli solo di Dio come speranza!
E dobbiamo riscoprire i rapporti, i sentimenti, le relazioni, il bisogno dell'altro,. riunire le famiglie, condividere con gli altri la paura che diventa così più sostenibile. Non se ne può più di singoli sapienti. Mai come ora si sente il bisogno di aiuto umano, del noi
Terzo punto, è importante in questi periodi contare su persone credibili alla guida delle istituzioni. L'importanza di figure autentiche si è molto sentita in questi mesi.