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"Ora passiamo dall'Io al Noi"

Fonte: La repubblica salute

28 settembre 2023 | Valeria Pini

Lo psichiatra Vittorino Andreoli nel suo nuovo saggio ci propone un cambio di paradigma: senza relazioni e cooperazione si cade nell'aggressività.

Nessuno si salva da solo. E abbandonare i conflitti, piuttosto che affrontarli lottando, sembra essere diventata l'unica via per tentare di essere "felici". «C'è un senso di malessere generale, perché viviamo nella cultura del nemico. C'è la guerra, ma assistiamo anche a liti fra politici, sul posto di lavoro e in casa. La violenza c'è sempre stata, ma oggi le persone percepiscono una maggiore paura. Non stanno bene e spesso fmgono che sia tutto a posto. I pazienti mi chiedono come uscirne», spiega lo psichiatra Vittorino Andreoli, che sul tema ha appena pubblicato il libro Insieme si vince (edizioni Solferino).

Professor Andreoli, perché viviamo in quest'atmosfera di lotta?
«La fonte principale di tutto questo inizia nel 1859 con le teorie sull'origine della specie e la lotta continua per la sopravvivenza tra gli individui di Charles Darwin. Il conflitto è presente anche nella rivoluzione armata di Karl Marx. E all'interno della famiglia regna il contrasto anche con il complesso di Edipo e l'uccisione simbolica del padre, riproposto da Sigmund Freud. Si tratta di grandi pensatori, ma viviamo in un mondo diverso. Non siamo più nell'Ottocento».

Che cosa è cambiato dall'epoca di Darwin e perché dovremmo superare il concetto di lotta che ha dominato quel periodo storico?
«Si è scoperto che parte del nostro cervello è plastico e si modifica in base alle esperienze che viviamo. Noi non siamo come le altre specie animali che non hanno questa plasticità e che, quindi, agiscono in base all'istinto. Darwin parlava della lotta per la sopravvivenza dell'uomo, che oggi non è più una realtà in Occidente ma solo nei Paesi poveri. Non combattiamo per il cibo, per conquistare il territorio o per garantire la sopravvivenza della specie. Anzi, dobbiamo pensare a mangiare meno per preservare la nostra salute. Il contesto non è più lo stesso. Io sono un evoluzionista e sono sicuro che anche Darwin cambierebbe idea, se vivesse ai nostri tempi. Oggi rispondiamo a desideri, non all'istinto. Dobbiamo educare alla cooperazione. Passare dalla psicologia dell'Io a quella del noi».

La violenza è ovunque, ma non le sembra un'utopia immaginare una società dove non ci siano conflitti e sopraffazioni?
«La cronaca ci racconta che si uccide per un motorino. E una società che beatifica il nemico. Contempliamo solo i nostri egoismi. Perché non credere invece nel noi, nel legame relazionale? Anche in famiglia viviamo fuori dalla psicologia del noi, ma il noi deve entrare nei rapporti con i figli, con gli amici, con i colleghi. Se si sceglie invece la lotta si finisce per combattere sempre. I morti in Ucraina continueranno ad aumentare. La  soluzione è diventare amici anche di chi si odia. Sembra un obiettivo impossibile, ma è l'unico che ci può salvare. Il desiderio dell'uomo è vivere in pace».

Perché viviamo anche il dolore, come il lutto, in solitudine?
«Sulla base della paura abbiamo creato una cultura della diffidenza. Se temiamo qualche cosa o qualcuno, possiamo o fuggire o diventare aggressivi. Non c'è solidarietà. Ma tutto questo deve cambiare. Oggi il termine "compromesso" ha un'accezione negativa, ma in realtà ha un valore positivo. E la strada per cooperare».

Come si pongono i social in questo contesto?
«Stanno tirando via dalla realtà ra¬gazzi e adulti. E peggiorerà con il metaverso. Non c'è più relazione. Con un click eliminiamo quello che non piace. Ma nel mondo reale, a casa o sul lavoro, dobbiamo parlare e ascoltare. In famiglia non possiamo superare le discussioni con un click. Trovare un compromesso è più difficile».

Perché sono aumentate le dipendenze fra i giovani?
«I ragazzi hanno paura. L'adolescenza è stata sempre un'età particolare perché i teenager, come tali e tendenzialmente, non si amano. Non accettano la propria immagine, il proprio corpo. Ma le cose sono peggiorate, perché i social propongono modelli banali. E così si decide di non mangiare oppure di esagerare con lo sport, diventando dipendenti».

Come creare una società dove vinca la cooperazione?
La lotta si associa alla parola forza, un tempo rappresentata dai muscoli, oggi dal danaro e dal potere. Ma la condizione esistenziale dell'uomo è la fragilità, il senso del limite. Deriva dal cervello plastico. Quando sentiamo i nostri limiti, capiamo che abbiamo bisogno dell'altro. Che cos'è l'amore se non l'unione di due fragilità? Dobbiamo guardare all'altro per aiutarlo, perché ci sentiamo sostenuti a nostra volta. L'obiettivo diventa quello di produrre piacere all'altro. Il mio desiderio è legarmi all'altro da me. Questo principio si applica a tutte le relazioni. E dà senso alla vita».